mercoledì 8 giugno 2011

PEPER UN MODELLO TECNOLOGICO PROBLEMATICO

PER UN MODELLO TECNOLOGICO PROBLEMATICO
Luigi Guerra
Le nuove strumentazioni tecniche e in particolare il computer con tutte le sue
applicazioni possono effettivamente costituire una frontiera esplosiva di qualificazione
dell’esperienza educativa solo se sono poste al servizio di modelli critici di mediazione
didattica. Solo, quindi, se collocate all’interno di un’analisi complessa di tecnologia educativa.
L’idea di complessità dei modelli tecnologici dell’educazione riprende i temi del
problematicismo pedagogico e si impegna a implementare le tecniche e i loro strumenti
valorizzando la possibile positiva compresenza di ipotesi pedagogiche diverse (finanche
antitetiche) ma componibili in una logica polivalente appunto di matrice problematicista.
Assumeremo come centrali, ai fini del nostro discorso, la sfera dell’educazione intellettuale (il
piano che definiremo del “cognitivo”) e la sfera dell’educazione etico-sociale (il piano che
chiameremo della “socializzazione”).
Su ciascuno dei piani indicati, e con attenzione alla loro interna polivalenza, si tratta:
da un lato, di analizzare le potenzialità delle tecniche esistenti che, prima di essere adottate,
devono essere selezionate ed eventualmente integrate/modificate in funzione delle diverse
situazioni educative; d’altro lato, se necessario, di progettare/inventare nuove tecniche e modi
d’uso di tecniche, invertendo il processo che oggi sembra inesorabilmente andare dalla
tecnica al fine.
Sul piano del cognitivo, un approccio aderente alle ragioni del problematicismo
pedagogico fa valere la possibile compresenza integrata di tre prospettive dell’educazione
intellettuale: rispettivamente, la prospettiva monocognitiva , metacognitiva e fantacognitiva.
La prospettiva monocognitiva interpreta l’educazione intellettuale come
alfabetizzazione culturale: intende cioè assicurare a ognuno il possesso delle informazioni
indispensabili a livello di organizzazione dei contenuti, di lessico, di conoscenza degli
strumenti di indagine delle diverse discipline che compongono il sapere. La prospettiva
metacognitiva persegue l’attivazione significativa presso gli studenti dei modi del cosiddetto
"pensiero scientifico": di modalità, cioè, di assunzione, formalizzazione e risoluzione dei
problemi che passino attraverso le fasi canoniche della osserva zione, ipotesi,
sperimentazione, verifica. In altre parole, si ripromette di stimolare in modo sistematico
l'utilizzazione di strumenti di indagine diretta (atteggiamenti, metodi, tecniche) che aprano alla
possibilità della concettualizzazione, della generalizzazione, della trasferibilità dei saperi
prodotti. La prospettiva fantacognitiva, da parte sua, vuole stimolare lo studente alla
costruzione di percorsi originali di comprensione/rivisitazione del sapere: all'elaborazione di
"altri volti" -interpretati soggettivamente - della cultura. Si propone di garantire la scoperta non
soltanto di oggetti culturali nuovi o diversi, ma anche di approcci nuovi/diversi (originali) agli
stessi oggetti messi a punto attraverso la valorizzazione della propria soggettività.
La riflessione operata in chiave di tecnologia dell’educazione può sostenere
un’adozione delle nuove tecniche capace di contribuire al potenziamento di tutte e tre le
prospettive indicate.
L’esperienza educativa di tipo monocognitivo pone l’accento, come abbiamo visto,
sull’esigenza della riproduzione culturale, nel senso, non necessariamente negativo, anzi
indispensabile, del fare i conti con i saperi esistenti. La sua attenzione è centrata sul prodotto, I S T I T U T O P E D A G O G I C O B O L Z A N O
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rappresentato dalle nozioni indispensabili all’individuo per partecipare da protagonisti alla
propria vita e a quella della società contemporanea. I suoi problemi principali sono:
- la qualità dell’informazione che propone, che non può essere nozionistica e deve essere
continuamente aggiornata rispetto all’evoluzione della ricerca scientifica;
- la qualità della mediazione didattica, che deve garantire a tutti la possibilità di accedere al
sapere e deve quindi utilizzare strategie di individualizzazione dell’insegnamento capaci di
motivare, di rispettare tempi e stili del singolo, di differenziarsi nelle diverse situazioni.
La tecnologia dell’educazione consente di analizzare come gli strumenti dell’età
digitale possano contribuire a qualificare l’esigenza monocognitiva. Possono farlo mettendo a
disposizione del soggetto risorse informative finora inimmaginabili per quantità e per varietà
metodologica. Internet è senza dubbio la “biblioteca” più grande e più internamente articolata
che sia mai stata realizzata: il problema rimane quello di insegnare a frequentarla. Il singolo
ipertesto on o offline permette all’individuo percorsi individualizzati di conoscenza: il problema
rimane quello della sedimentazione di quanto appreso nella propria personale biblioteca
cognitiva, affinché, integrandosi con i saperi già posseduti, possa diventare base di partenza
per nuovi saperi. Le applicazioni del computer permettono al docente di strutturare le proprie
lezioni e di mettere le proprie competenze a disposizione degli studenti con un’efficacia
comunicativa e una possibilità di interna differenziazione (sempre a fini di individualizzazione)
finora sconosciute: il problema rimane quello di non perdersi nella retorica, di approfondire le
competenze, di non limitarsi a sintesi tanto brillanti quanto superficiali.
La prospettiva educativa della metacognizione, come si è visto, interpreta
sostanzialmente l’educazione come costruzione di cultura da parte dello studente e del
gruppo, con particolare attenzione al processo: cioè, all’imparare ad imparare. In altre parole,
all’acquisizione da parte del singolo di strumenti di elaborazione culturale riutilizzabili
direttamente in contesti diversi. Le nuove strategie elettroniche possono oggi far rischiare,
con l’aumento delle possibilità di informazione, una caduta di tensione nei confronti delle
competenze metacognitive, sostituite e sepolte sotto la valanga delle nuove nozioni.
D’altra parte, senza sottovalutare il rischio denunciato, un modello tecnologico
consapevole può introdurre il computer a scuola sottolineandone al massimo le valenze
metacognitive. Valenze che possiede in grande misura in quanto strumento di mediazione fra
individuo e sapere che funziona sulla base di regole e che “rende” tanto più quanto più si
dominano le regole stesse: “… sembra importante mettere in evidenza il legame esistente fra
l’uso del computer e lo sviluppo metacognitivo . [Secondo molti autori, infatti, il computer
sostiene] un approccio didattico metacognitivo che ha la funzione di condurre gli alunni ad
imparare ad imparare attraverso l’acquisizione delle capacità di interpretare, organizzare,
strutturare le informazioni, diventando sempre più consapevoli dei processi che sottostanno a
queste operazioni, per poterle così gestire in modo via via più autonomo”.
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Il problema
tecnologico è appunto quello di progettare e condurre una didattica di questo tipo evitando le
derive, immediatamente solo riproduttive, di un uso facile, irriflesso, trainato dalle crescenti
dimensioni “user friendly” della macchina che portano quest’ultima, se non la si guida, a
funzionare da sola.
Lo scenario della fantacognizione, infine, caratterizza una situazione educativa
centrata sul soggetto, sulla valorizzazione dei suoi vissuti utilizzati come angolo visuale e
strumento per reimpostare originalmente i saperi e i modi di utilizzarli nella vita quotidiana. Il
vissuto individuale costituisce in questa prospettiva il punto di partenza e nello stesso tempo
di arrivo dell’esperienza educativa: il problema è quello di arricchirlo, strutturarlo, aprirlo al

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VARISCO B.M., GRION V., Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, Torino, UTET, 2000, p. 56I S T I T U T O P E D A G O G I C O B O L Z A N O
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nuovo attraverso un’azione di consapevolizzazione rivolta al soggetto che lo renda cosciente
dei suoi limiti e delle sue risorse. Un’azione di scaffolding dell’esperienza individuale che non
isoli il soggetto nel mondo, autoreferenziale, del proprio sentimento, ma si proponga di
stimolare il soggetto stesso verso una capacità di vedere e sentire nello stesso tempo più
originale e creativa e più capace di comprendere il sentire degli altri.
In questa prospettiva si colloca un uso tecnologico delle nuove strumentazioni che ne
valorizzi le capacità di fornire strumenti per l’ampliamento della dimensione estetica
dell’individuo (le applicazioni del computer utilizzabili come protesi percettiva, i programmi per
costruire suoni e immagini, le infinite possibilità della realtà virtuale, i terreni della
simulazione…) e ne limiti i coefficienti di standardizzazione su immaginari da consumo. Su
questo piano, ci limitiamo a sottolineare come anche solo il mondo dei videogiochi
(demonizzato tradizionalmente dalla pedagogia ufficiale ) se correttamente cavalcato sulla
base di un adeguato modello didattico può alimentare quelli che sono gli ingredienti
fondamentali della fantacognizione: gli ingredienti della sfida, della fantasia, della
competizione e della cooperazione, della curiosità. Nel videogioco, come afferma Varisco: “La
curiosità percettiva e cognitiva è determinata dalla novità, dalla complessità e dal conflitto
cognitivo insiti nelle situazioni da affrontare. Normalmente novità e un ottimo livello di
complessità e discrepanza o ‘conflitto cognitivo’ presenti nelle situazioni sono aspetti che
suscitano curiosità e interesse”.
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Ma si può andare ben oltre i videogiochi e la conseguente, banalizzante,
interpretazione solo ludica della creatività: “Il problema della creatività si pone come quello
del pensiero stesso e del suo sviluppo, problema che può trovare una sua soluzione qualora
si faccia leva sull’affettività e sull’emotività dell’individuo come momenti non solo catartici ma,
soprattutto, operativi e conoscitivi”
3
Gli aspetti della creatività ricordati dallo stesso autore
(fluidità ideativa, originalità e inventiva, elaborazione, flessibilità, ristrutturazione, libertà di
associazione, mancanza di rigidità, curiosità, senso dell’umorismo, rimando della chiusura
delle situazioni) potrebbero essere un elenco delle competenze richieste e nello stesso tempo
valorizzate dall’esperienza della videoscrittura, o da quella di un buon percorso di simulazione
“giocato” al computer. Sempre che ci sia consapevolezza didattica: cioè, scelta dei
programmi, dosaggio dei tempi, raccordo con un progetto formativo articolato…
Sul piano della socializzazione, l’impostazione problematicista che abbiamo assunto in
queste pagine rende necessario progettare un’educazione etico-sociale in grado di formare
un individuo all’intera gamma delle situazioni sociali: da quelle che richiedono all’individuo
un’elevata capacità di autonomia (di resistenza al gruppo, di difesa delle proprie valorialità e
conoscenze), a quelle che domandano la partecipazione consapevole all’esperienza sociale
(attraverso la conoscenza e la pratica critica delle regole della coesistenza), a quelle, infine,
che postulano l’esigenza della condivisione (culturale ed esistenziale, di saperi, di progetti, di
valori…) con altri singoli e gruppi.
Anche sul piano di questa sfera dell’educazione, la pratica tecnologicamente critica
delle nuove TIC può portare un contributo di grande rilevanza nelle tre direzioni indicate. La
vera autonomia nasce dalla capacità di costruire e difendere la propria identità culturale: il
computer può essere uno strumento di ineguagliabile efficacia per l’elaborazione e la
conservazione di una documentazione del proprio itinerario culturale (ed esistenziale).
Occorre solo saperlo usare in questa direzione e rendere questo uso significativo agli occhi

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IVI, p.176
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GENOVESI G., Lessico per la scuola. Dizionario delle idee e delle attività scolastiche, Torino, UTET, 2001, pp. 16-17I S T I T U T O P E D A G O G I C O B O L Z A N O
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del singolo. La rete è un’enorme occasione di partecipazione
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: su tutti gli argomenti, a tutti i
livelli, se si conoscono e si praticano le regole dei suoi tanti tavoli di discussione, di scambio
economico e culturale, di confronto tra impostazioni politiche, fedi, interessi. Infine, gli
strumenti della telematica rendono oggi possibile come occasione rivolta a tutti la forma più
elevata di condivisione: quella della costruzione sociale delle conoscenze. La telematica può
diventare, sempre se supportata da adeguati modelli didattici, uno dei campi più interessanti
di sperimentazione del cooperative learning: una condivisione culturale nell’elaborazione di
messaggi che può travalicare le frontiere, le lingue, le appartenenze di qualsivoglia genere.

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