domenica 11 settembre 2011

Primo giorno di scuola - L'inutile nuovismo senza contenuti

Migliorare la qualità dell’insegnamento? Con una pioggia di Wi-fi e di lavagne multimediali, anche in scuole in cui se piove dal tetto occorre disinserirle per evitare il cortocircuito. Cosa vi sia “dentro”, pare che sia irrilevante. Migliorare la qualità dei testi di matematica o di storia? Pare che non interessi parlare dei contenuti di manuali abborracciati, pieni di errori, che presentano una bizzarra matematica che frustra le capacità dei bambini. Si propongono escogitazioni tecniche: progetti di editoria digitale presentati come un toccasana, indipendentemente da quel che vi sarà messo dentro, tra cui i videogiochi, in un’orgia di modernismo che fornirebbe materia a Petrolini redivivo per aggiornare il suo Gastone.
E poi, test su test, introdotti a ogni livello scolastico, tra poco anche all’esame di maturità, che costringono l’insegnante a trascurare storia, letteratura e matematica propriamente dette per addestrare i ragazzi a superarli. Sulla stampa si moltiplicano vivaci critiche della nuova moda, con esempi clamorosi dei ridicoli quiz proposti, che spesso all’università sono commissionati a ditte private, con quale garanzia di competenza è superfluo dire. Ma le critiche crescenti scorrono come l’acqua sul vetro e si procede imperterriti col pretesto che così si garantirebbe l'oggettività del giudizio. Naturalmente non è vero. I giudizi restano soggettivi. L’importante sarebbe renderli sempre più equanimi e sviluppare la necessaria valutazione attraverso un confronto critico e continuo entro l’istituzione, in modo da produrre una crescita culturale. Sarebbe inoltre strategico mettere in opera un processo di formazione dei nuovi insegnanti improntato a rigore culturale e a una selezione meritocratica. Ma il nuovo regolamento non riesce a entrare in funzione da tre anni, sotto il tiro delle più disparate ostruzioni corporative. Anche le nuove ottime Indicazioni nazionali per i licei rischiano di essere vanificate dall’impossibilità di por mano a una radicale riforma di quelle del primo ciclo.
Infine, l’andazzo tecnocratico è ispirato da una totale e aprioristica sfiducia nelle persone, e così provoca un’ulteriore umiliazione della funzione dell’insegnante. Giorni fa, ascoltando un bellissimo discorso di accoglienza di un preside, mi sono detto che proprio questa è invece la forza e la vitalità della scuola: l’entusiasmo e l’impegno civile e culturale di tanti suoi insegnanti e dirigenti. Perché, alla fine, quando si chiudono il portone di una scuola e la porta di una classe, quel che conta davvero è il rapporto umano e culturale che si istituisce tra insegnanti e alunni, e che vince qualsiasi marchingegno burotecnocratico. È questa la solida base da cui bisogna ripartire per mantenere vive le speranze. (da Il Messaggero di Giorgio Israel)

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