domenica 3 luglio 2011

Quali saperi per la tecnologia alla vigilia di un cambiamento epocale nel sistema scolastico e formativo 1 - 5 luglio 1997

Sommario:

Una ricerca pluriennale per la cultura tecnologica della scuola che vogliamo
La società come "committente" del sistema di educazione e formazione
Il ruolo di mediazione/produzione della scuola
Dal sapere "colto" al sapere colto tecnologico
I saperi tecnologici della scuola che produce formazione e cultura
Conoscenze, competenze e sensibilità per un sapere tecnologico di base
APPENDICE
a - Lettera invito
b - Come abbiamo lavorato
c - Il gruppo di lavoro
d - Lettera al Ministro della P.I.
e - Lettera al prof. Maragliano
1. Una ricerca pluriennale per la cultura tecnologica della scuola che vogliamo

Il documento di sintesi che si propone al coordinatore della commissione dei saggi per integrare l'ampio panorama di riflessioni volta a delineare le coordinate culturali e specifiche alla riforma del sistema scolastico e formativo, ha dietro di sé un lavoro pluriennale di ricerca e messa a punto che ha progressivamente coinvolto tecnici, insegnanti, presidi, ispettori di quattro IRRSAE (Emilia Romagna, Marche, Friuli e Sicilia), nonché economisti, progettisti, sociologi, tecnologi, storici della tecnica, matematici, fisici e epistemologi di formazione e orientamento culturale diversi.

In sintesi questo percorso di ricerca è stato avviato dall'IRRSAE E/R nel 1993/94 con un lavoro di "fotografia" della situazione esistente nell'insegnamento della tecnologia finalizzato all'elaborazione di una proposta operativa che delineasse i possibili scenari della disciplina negli anni '10 del nuovo millennio. Questa fotografia contenuta nel testo "Educazione tecnologica anni'10" (Calderini, 1996), è la risultante di una indagine stratigrafica che va dal panorama evolutivo storico culturale dell'insegnamento all'evidenziazione delle diverse problematiche instaurate dal crescente gap tra società tecnologica (vita quotidiana, mondo della produzione, società dell'informazione) e educazione tecnologica(formazione e comportamenti degli insegnanti, curricoli scolastici, pubblicazioni specifiche e libri di testo).

Successivamente, e sulla base di questa prima messa a fuoco dello "stato dell'arte", è stato affidato al pedagogista Elio Damiano il compito di inquadramento e analisi delle coordinate pedagogiche e didattiche, al fine di preparare uno sviluppo della ricerca costruito sull'interrogazione di alcuni "saggi", esterni al mondo dell'istruzione scolastica, ma portatori di riflessioni e conoscenze di alto profilo dall'interno della cultura e dell'epistemologia della tecnologia. Questo lavoro è documentato nel testo a cura dell'IRRSAE Marche "La casa di Salomone". Materiali per un catalogo curricolare dell'educazione tecnica (Quaderni di innovazione e Scuola, 1997). In questa fase i contributi dei saggi (Andries Van Onck, progettista; Vittorio Marchis, storico della tecnica; Massimo Negrotti, sociologo dell'artificiale e Gabriele Righetto, epistemologo) hanno risposto alla domanda focale: "Data l'attuale complessa configurazione della società tecnologica, le sue implic@d¨

E di conseguenza: "Quali linee di indirizzo possono delinearsi per la costruzione di percorsi formativi curricolari improntati alla cultura tecnologica?".

Ben si comprende come queste siano, in sostanza, domande a pieno titolo assimilabili alle questioni di fondo poste dal Ministro ai saggi nel lavoro preparatorio di configurazione delle linee fondanti la riforma della nostra scuola alle soglie del terzo millennio. La sostanziale coincidenza non è certo casuale, ma dimostra che per una volta almeno i percorsi dell'elaborazione culturale degli addetti ai lavori nel campo formativo e i percorsi dialettici dell'elaborazione politica si incontrano nel tentativo di valorizzare sinergie nuove. Ciò si verifica quando la scuola si fa portatrice di esperienze, riflessioni e proposte e la politica si fa carico di progettare il cambiamento assicurando la più ampia discussione e il necessario quadro di riferimento strutturale.

Accanto alla verifica di questa profonda sintonia di obiettivi, vi è tuttavia la constatazione che all'interno della sinfonia di contributi della commissione dei saggi manca una specifica riflessione sulla cultura tecnologica e sulle implicazioni che la società tecnologica e dell'informazione richiede oggi al sistema scolastico.

Questa mancanza è del resto ovviata dalla messa in rete dei risultati di riflessione espressi dai saggi: ciò rappresenta una esplicita e forte domanda di integrazione cui ci sentiamo senz'altro di rispondere nel momento in cui il cerchio si stringe e occorre proporre concretamente ipotesi precedentemente verificate e organicamente strutturate.

Si è detto ipotesi proprio perché, pur ritenendo questo nostro lavoro fondato su dati di fatto e prospettive acclarati, non crediamo più proponibili, anche questa volta in sintonia con l'indirizzo politico, "ricettari" curricolari preconfezionati.

2. La società come "committente" del sistema di educazione e formazione

E' indubbio che la nostra società occidentale è caratterizzata in misura assai più rilevante dalle trasformazioni e dalle discontinuità piuttosto che dalle permanenze e continuità rispetto al passato. Questa constatazione ci fa comprendere di quali dimensioni sia l'urgenza di riadeguare l'offerta formativa, muovendo in primo luogo da un tentativo di definizione della società stessa in quanto richiedente alla scuola nuovi processi di educazione e formazione.

Per questa analisi consideriamo i contributi di tre studiosi: Arnaldo Spallacci ci offre alcuni elementi di riflessione circa il rapporto quotidiano fra l'essere umano la tecnologia e gli strumenti tecnologici; Ezio Manzini si interroga sulla perdita di controllo da parte dell'uomo rispetto al mondo artificiale; infine Gabriele Righetto riflette sulla possibilità che esiste oggi nel cogliere, decodificare e quindi agire all'interno di un sistema complesso di segnali differenti per quantità, qualità e intensità.

In particolare, Spallacci rileva che le nuove tecnologie agiscono sulla mente dell'uomo modificandone le modalità operative nella percezione dello spazio e del tempo. Ad esempio: non solo l'esistenza in rete di informazioni e la possibilità di comunicare estesa a livello planetario annullano di fatto le distanze e i tempi, ma addirittura le nuove tecnologie ci consentono di superare la cultura di massa instaurata dai media (e principalmente dalla TV) per entrare nella cultura della profondità. Per affrontare questa trasformazione l'uomo deve quindi superare sia la dimensione di uomo-massa legata al medium televisivo, sia quella di uomo-velocità legata al computer e può effettuare questo cambiamento "vedendo attraverso la materia" e superando lo spazio e il tempo. Il concetto di cultura della profondità, in ultima analisi, porta alla concezione dell'uomo come essere veloce ma che è sempre "al passo dei tempi"; che possiede informazion@d¨

Manzini coglie nella società odierna un profondo disagio derivato da un paradosso di fondo: i continui sviluppi tecnologici nel campo dei materiali e dei processi produttivi impediscono di cogliere relazioni con gli oggetti che un tempo erano invece immediate: in pratica è saltato il sistema di riferimento antropometrico che ci permetteva in misura significativa di controllare il mondo artificiale da noi stesso prodotto.

Ciò comporta una perdita di spessore della materialità, in un contesto dove l'affollamento dei segnali che l'uomo subisce, senza essere in grado di distinguerne molti, aumenta la sensazione di disagio. La cifra distintiva della società degli oggetti tecnologici sembra quindi essere data da una progressiva perdita di stabilità: tutto è in continua trasformazione, tutto è di difficile percezione, tutto è di problematica misurazione e comprensione. L'uomo ha bisogno di ricostruire un sistema di riferimenti verso un mondo sempre meno organizzabile dalle sue tradizionali pratiche percettive.

Se proviamo a comparare l'era della meccanica (vale a dire quella preponderante solo fino a circa 5O anni fa) con quella dell'elettronica (che si sta sostituendo ad essa), possiamo verificare che un tempo il rapporto tra l'uomo e la macchina meccanica era caratterizzato dalla presenza in essa di parti "macro riconoscibili" (per materiale, forma e funzione); dalla possibilità di cogliere al suo interno relazioni di causa/effetto; dalla possibilità di rapportarne la potenza ad un multiplo del lavoro umano e/o animale. Ben diversamente il rapporto tra l'uomo e la macchina elettronica è caratterizzato da un lato da elevatissime velocità di prestazione che sono al di là delle capacità di misurazione e addirittura di percezione umana; dall'altro lato da un continuo processo di miniaturizzazione dei componenti che impediscono la comprensione e quindi il reale controllo del processo della macchina, che diventa per l'uomo una scatola nera non perc@d¨

La riflessione di Gabriele Righetto si concentra sulle richieste che la società tecnologica rivolge all'uomo: essa richiede la capacità di decodificare e codificare segnali. La crescita dei saperi riduce la quantità di segnali "afasici" e mette l'uomo in condizione di operare attivamente, quindi di valutare e di agire in maniera conseguente al giudizio. In questo tipo di società è necessario che tutti i cittadini siano "decisori di tecnologia" essendone utenti consapevoli.

In tal modo tutti noi potremo essere promotori di una gestione generale positiva della società, riuscendo a comprendere i segnali deboli e forti che essa invia.

3. Il ruolo di mediazione/produzione della scuola

Ripensare la scuola in questa epoca di grandi cambiamenti sul piano culturale e sociale significa ridefinire il ruolo di un "presidio pedagogico del territorio" al quale viene conferito un mandato dalla società stessa per continuare a garantire da un lato il diritto alla formazione dei suoi cittadini e dall'altro far acquisire una capacità di analisi critica della realtà e di produzione dell'innovazione.

La scuola si pone però nell'ottica della "continuità" della funzione formativa, che ormai va garantita non solo alle giovani generazioni, ma per tutta la vita dell'individuo e per un numero sempre maggiore di individui, nonché di un efficace rapporto con la realtà e le sue varie stimolazioni sul piano culturale e formativo.

I più recenti rapporti internazionali sottolineano l'importanza di una tale risorsa che si rivela valore fondamentale sul piano del progresso sociale e valore aggiunto su quello della competitività economica.

Ogni territorio ha la sua scuola che, attraverso la strada dell'autonomia delle medesime unità scolastiche recentemente sancita dalla legge 59 del 1997, intende così migliorare la qualità della vita, ma ogni scuola insieme ad altre scuole, in un'ottica di rete, qualifica il sistema formativo nel suo complesso ai vari livelli territoriali.

L'autonomia è anche un fondamentale obiettivo pedagogico per la scuola e l'orientamento si pone come un passaggio strategico per la formazione all'autoimprenditorialità della persona nel suo processo formativo a carattere permanente. Uscite e rientri, formazione propedeutica, riconversione, ma anche orientamento continuo del curricolo nell'ambito dell'autonomia didattica e di ricerca e sviluppo: capacità della scuola di rivedere in itinere la propria offerta formativa.

Compito della scuola è mediare vecchi e nuovi saperi per interpretare la storia dell'uomo e delle civiltà e la realtà in cui vive, ma essa deve operare su saperi fondati sul piano epistemologico, secondo una procedura logico-critica, con obiettivi formativi anche sul piano metodologico.

Perché i saperi siano in grado di generare apprendimenti, grande importanza ha la motivazione degli allievi, i quali vanno coinvolti nel lavoro scolastico per portarli a risultati verificabili del lavoro stesso.

Occorre al riguardo prestare grande attenzione alla relazione educativa che si sviluppa in un costante atteggiamento di corresponsabilità e di reciprocità nella crescita degli stessi apprendimenti tra alunni e insegnanti e nel gruppo dei pari.

Analogo problema motivazionale va sottolineato per i docenti nell'ambito di una efficiente ed efficace azione complessiva dell'istituto scolastico nel perseguimento degli obiettivi generali e delle più specifiche domande formative locali.

Anche per i docenti occorre una formazione continua nell'ambito di diverse funzioni da svolgere all'interno di un "organico di istituto", ma anche una più evidente gratificazione sul piano sociale ed economico all'interno di una valutazione della qualità e della produttività del servizio scolastico.

Se questa è dunque la scuola che "vogliamo" e che dobbiamo prefigurare e costruire, è chiaro che si tratta di una scuola che deve fare i conti con la realtà tecnologica, con i processi di cambiamento in atto e con quelli che verranno, con le richieste di formazione di più alto profilo per dare al maggior numero possibile di cittadini, all'interno di questa formazione generale allargata, la capacità di essere utenti consapevoli di strumenti, modelli culturali, relazioni sempre più complessi.

Il sapere tecnologico, pertanto, si pone come un vero e proprio tessuto connettivo di un'operazione di riqualificazione del sistema scolastico.

4. Dal sapere "colto" al sapere colto tecnologico

Uno degli effetti più rilevanti dei rapidissimi mutamenti che hanno caratterizzato il mondo, e la nostra società occidentale in particolare, è che la rivoluzione nelle scienze, nelle arti, nelle tecniche determina di fatto che "la conoscenza non è più affare di pochi eletti. La necessità di sapere è ormai per tutti condizione per l'accesso al lavoro (Berlinguer 23/12/96)".

La crescita di complessità e l'enorme sviluppo dei saperi, delle conoscenze, delle informazioni (che costituiscono oggi "tra le più fiorenti delle imprese umane") richiede tuttavia che ad un sapere di tipo tradizionale si sostituisca una sapere che "sappia essere 'colto', e disponga di strutture solide di filtraggio del mondo" .

Se questo è il quadro delineato dal Ministro, se ne può dedurre che fra le caratteristiche distintive di un sapere colto non possa mancare il possesso di un "quadro di conoscenze" (Maragliano) che non ha come obiettivo solo il sapere e saper fare ma che comprenda anche il valore aggiunto del saper scegliere e quindi decidere, come afferma Silvano Tagliagambe nel suo contributo.

La capacità di comprendere e di cogliere il significato delle cose rimanda alla capacità di costruire conoscenza, cioè di organizzare i saperi con un processo formalizzato e consapevole. Ne deriva un percorso formativo progettuale: è in questo senso che il sapere colto consente di gestire il quadro di conoscenze.

Su questa traccia, e considerando che ciascuno di noi oggi usa tecnologia anche se non sempre ne è produttore e quindi tutti apparteniamo al mondo della tecnologia in qualità di utenti (Righetto), se ne deduce che la scuola non può rinunciare a partecipare nella maniera più diffusa un sapere colto di tipo tecnologico.

Tale sapere si può definire dunque come la chiave interpretativa del l'insieme tecnologico dentro cui ci troviamo come produttori o utenti ed il suo ambito specifico è la tecnologia considerata nel tempo e nello spazio.

Sarà compito della scuola avviare processi di comprensione del ruolo della tecnologia nella contemporaneità (non solo circoscritta al presente - Damiano - né prevalentemente orientata al futuro - Righetto) e nei diversi contesti sociali (conoscenza e comprensione dell'organizzazione sociale, economica e politica che attiva il mondo tecnologico - Righetto).

In termini più analitici, possiamo distinguere due componenti del sapere colto tecnologico: una trasversale a diverse aree disciplinari, l'altra specialistica che ritaglia campi di significato specifici nel settore della produzione artificiale e nella gestione degli effetti da essa derivanti.

Dunque il sapere colto tecnologico è centrato sul processo produttivo artificiale al fine di conoscerlo, valutarlo in maniera critica ed eventualmente rifiutarne con consapevolezza determinati aspetti.

Esso porta alla maturazione di un atteggiamento nei riguardi della tecnologia fondato su comportamenti consapevoli, responsabili e orientati a affrontare il nuovo.

Riteniamo che, in ultima analisi, la scuola attraverso il sapere colto tecnologico possa intervenire lungo due direzioni portanti: da un lato fornire una conoscenza precisa di mappa del mondo tecnologico in grado di sviluppare competenze efficaci non solo per il settore, ma anche per il sistema nel suo complesso; dall'altro lato contribuire alla definitiva messa incrisi di una visione esclusivamente conoscitiva, verbale e acorporale dell'esperienza individuale e collettiva, promuovendo, all'interno di percorsi di apprendimento nella logica dei processiproduttivi, gli elementi basilari di un sapere pratico, manuale e operativo.

I saperi tecnologici della scuola che produce formazione e cultura

Levoluzione tecnologica nell'epoca post industriale produce effetti sia a livello individuale che collettivo e quindi cultruale. Ciò rinforza la necessità di una educazione alla comprensione del mondo tecnologico per contribuire alla formazione di un cittadino libero, critico e consapevole di fronte alla realtà, capace di progettarsi lo spazio del vissuto e di costruire la propria personalità.

Ezio Manzini (Artefatti, Edizioni DA, Milano, 1990) individua trepreoccupanti linee evolutive delle "specie artificiali":

- la velocizzazione del processo di produzione e consumo, che comporta la deriva dei prodotti verso durate inferiori e tendenzialmente verso l'usa e getta;

- l'aumento nella sofisticazione delle prestazioni, che comporta la comparsa di "prodotti mutanti" che aggregano prestazioni diverse e complesse;

- la moltiplicazione dei codici linguistici nella definizione della forma, che comporta la deriva dei prodotti verso una loro frammentazione in un gran numero di varianti.

Esse costituiscono una sfida, per noi, alle capacità percettive e cognitive.

Perciò, come sottolinea ancora Manzini, l'uomo deve confrontarsi e interagire per un verso con "i tradizionali limiti ecologici dovuti alla scarsità delle risorse e all'immissione di crescenti quantità di rifiuti nell'ambiente (inquinamento fisico); per altro verso, con i propri limiti di soggetto fruitore, la cui base biologica mal si adatta alla progressiva dematerializzazione degli oggetti (inquinamento sensoriale) e i cui processi cognitivi e la cui struttura culturale non arrivano a seguire l'accelerazione del flusso dei messaggi che è chiamato a decodificare (inquinamento semiotico)".

Da qui, volendo ora pensare di costruire quel sapere tecnologico fondato sulle relazioni tra artefatto, contesto ambientale e utente, si possono evidenziare alcuni aspetti irrinunciabili quali:

1. La decodificazione del prodotto, sia materiale che immateriale, e dei processi attraverso i quali tale prodotto viene progettato e costruito. Ciò significa saper leggere all'interno del prodotto/processo i segni che esso comunica in modo palese e implicito, tramite l'utilizzo di una procedura di decostruzione.

Come è noto, in anni recenti si è assistito ad una evoluzione dei tipi epistemologici usati per descrivere gli artefatti. I tipi di conoscenza tradizionale, ad esempio struttura e funzione, sono stati ulteriormente elaborati sia nel senso di una loro ridefinizione sia nel senso di un loro arricchimento. Attualmente diversi approcci (Amrut Kumar, a cura di, Workshop on Functional Reasoning, Proceedings AAAI - 93, Washington D.C.) alla descrizione di artefatti propongono di distinguere differenti tipi di conoscenza: strutturale, comportamentale, funzionale, teleologica. I tipi strutturale e comportamentale sono detti anche fondamentali in quanto vengono usati per ragionare su un artefatto mediante il linguaggio oggettivo e neutrale delle scienze (quali ad esempio geometria, topologia, fisica). I tipi funzionale e teleologico sono detti anche interpretativi, in quanto derivati da una interpretazione soggettiva della conoscenza fondamentale in un contesto, interpret@d¨

E' importante, a questo punto, esplicitare chiaramente le interrelazioni esistenti tra teleologia, funzione, comportamento e struttura di un artefatto, perché, percorrendo la rete di tali relazioni, è possibile eseguire un'analisi di supporto all'attività di confronto e di valutazione tra gli artefatti stessi.

Come afferma Righetto "la tecnologia insomma non è un insieme di saperi descrittivi, anche se ha bisogno di analisi per l'efficacia del suo intervento. (...) Ancora una volta è un'operazione attiva: si descrive non per rilevare, ma per valutare ed agire conseguentemente al giudizio".

Si può procedere analogamente per la comprensione dei processi. In particolare, è necessario individuare le singole operazioni che concorrono a determinare il processo produttivo; riconoscere le necessità e le circostanze che lo hanno determinato; mettere in relazione le attività elementari evidenziando i rapporti di causa/effetto.

2. I sistemi di rappresentazione. Nella prospettiva di questa area disciplinare i consolidati sistemi di rappresentazione grafica e non, che costituiscono il know how della cultura rappresentativa analogica, dovranno necessariamente interfacciarsi con i nuovi sistemi digitali di trattamento dei dati per garantire l'adeguata capacità di conoscere e comunicare la realtà produttiva e simulare procedimenti e situazioni in vista delle sfide del futuro.

Di conseguenza la rappresentazione nei vari campi (del disegno, della fotografia, dell'audiovisuale, del multimediale, ecc.) si concretizza in processi di modellizzazione analogica e/o digitale. Per modello, superando ogni accezione riduttiva, si intende la rappresentazione di aspetti della realtà (oggetti, fenomeni, strutture, funzioni, interrelazioni, processi, ecc.) ottenuta operando una semplificazione e una scelta dei dati che si vogliono descrivere o enfatizzare, tale da consentire la percezione, la memorizzazione, la conoscenza, l'interpretazione, la comunicazione e di permettere ulteriori manipolazioni sperimentali e progettuali dei fatti tecnologici.

L'intervento sui dati prescelti è finalizzato al percorso e all'obiettivo che si vuole raggiungere.

Compito di questa area disciplinare è pertanto di fornire non solo le conoscenze dei supporti tecnici, ma soprattutto quelle di base utili alla formalizzazione di processi mentali e progettuali come organizzazione di segni per l'interpretazione e la lettura della realtà costruita.

Fondamentale è l'approccio attraverso l'analisi di situazioni problematiche, dove la rappresentazione, di qualsiasi natura essa sia, è strumento per collegare la realtà e i processi tecnologici all'esperienza, mediante il possesso dei codici e delle convenzioni che le sono propri, introdotti gradualmente all'interno del previsto riordino dei cicli scolastici.

Nelle rappresentazioni grafiche, la conoscenza dei codici e dei principi permetterà di: descrivere, analizzare e porre in relazione oggetti e processi; definire le immagini mentali per la progettazione o per la lettura delle forme/funzioni; verificare e incrementare le varie fasi dei percorsi progettuali o di lettura degli oggetti; sviluppare la competenza all'uso consapevole degli strumenti, compresi quelli forniti dalle nuove tecnologie, evitando di confondere il risultato con il processo.

3. I saperi economici, intesi come modelli che descrivono le relazioni tra variabili socio-economiche riferite prevalentemente alla gestione delle risorse tramite i controlli di efficienza e di efficacia, nonché dell'impatto ambientale tramite i controlli su necromassa e ripristino ambientale; l'organizzazione del lavoro e interdipendenza tra evoluzione tecnologica e sistemi economici; il comportamento privato e sociale dell'utente in quanto portatore di abitudini, desideri indotti, criteri di giudizio estetico ecc.

4. La gestione della complessità. Dice Edgar Morin (Il metodo, Feltrinelli, Milano, 1983): "Il sistema ha preso il posto dell'oggetto semplice e sostanziale, e si oppone alla riduzione ai suoi elementi; la catena di sistemi di sistemi spezza l'idea di oggetto chiuso e autosufficiente. I sistemi sono sempre stati trattati come oggetti: d'ora in poi si tratta di considerare gli oggetti come sistemi". Per affrontare la complessità è necessario ricorrere a molteplici modelli (sistemi di conoscenze) nella consapevolezza della loro reciproca interdipendenza e complementarità. E' fondamentale esplicitare chiaramente le assunzioni di base di modelli per poter selezionare di volta in volta quello più appropriato agli scopi.

5. Il sapere comunicativo, inteso come acquisizione di linguaggi specifici, funzionali alla lettura del processo tecnologico, e il loro uso sia per il trasferimento di informazioni, sia per favorire una relazione produttiva efficace e interattiva tra emittente e destinatario. La disponibilità di diversi tipi di linguaggi richiede di saper scegliere quello più appropriato ad uno specifico contesto.

6. Il sapere normativo come educazione alla legalità. Ciò significa sia il riconoscimento della necessità della norma come elemento positivo dell'organizzazione sociale, sia la consapevolezza del suo ruolo come fattore organico a qualsiasi sistema, cornice in cui operare, tutela, fattore autoregolante di semplificazione della partecipazione.

7. Il sapere progettuale. L'attività progettuale, concepita quale interazione funzionale tra bisogni, risorse, vincoli, conoscenze e procedure, poiché è esercizio di espressione del pensiero divergente finalizzato alla soluzione dei problemi tecnologici in senso lato, costituisce un momento fortemente caratterizzante di quest'area disciplinare in quanto è alla base stessa di un qualsiasi processo produttivo e abitua a compiere scelte consapevoli e responsabili.

6. Conoscenze, competenze e sensibilità per un sapere tecnologico di base

Una volta delineati quelli che ci sembrano alcuni dei saperi tecnologici irrinunciabili in una scuola ripensata e ridefinita nella sua offerta formativa, si può tentare non già di individuare paradigmi distinti del sapere tecnologico - operazione che riteniamo prematura a "dibattito in corso" e non essendo ancora stati definiti i lineamenti caratterizzanti le diverse aree disciplinari in rapporto all'organizzazione dei cicli scolastici - ma più propriamente provare a sostanziare ulteriormente il nostro contributo al fine di indicare, in maniera aperta e propositiva, un ventaglio di possibili basic da dare a bambini e giovani destinati a vivere dentro una società plurale e instabile, ad un tempo locale e planetaria e connotata da crescenti flussi tecnologici.

Mentre i saperi sono istituiti e fondati attraverso una serie di operazioni culturali in uno sviluppo storico critico da parte dell'uomo che se ne serve per governare il complesso rapporto tra il sé e il mondo, le conoscenze costituiscono all'interno dei saperi una rete articolata di concetti, attraverso la quale la nostra mente opera e organizza nuove conoscenze navigando fra i saperi e costruendo progressivamente nuovi saperi.

Per favorire questa navigazione assume dunque una importanza fondamentale la capacità di individuare il punto di vista da cui si utilizza un concetto o un insieme di concetti: se consideriamo ad esempio il concetto di "equilibrio" dal punto di vista della meccanica, esso ci dà una serie di informazioni specifiche spendibili all'interno di quell'area disciplinare. Ma lo stesso concetto, considerato poniamo dal punto di vista dell'economia, risulta essenziale per definire dinamiche altrettanto specifiche ma appartenenti ad un'area differente.

Ecco quindi un possibile criterio di individuazione di alcuni basic in termini di conoscenze da dare ai giovani: ad esempio i concetti di equilibrio, sistema, criterio/parametro, risorsa, consumo, valore simbolico della comunicazione ecc.

Si è detto che variando il punto di vista è possibile servirsi di un concetto in modo flessibile: saper utilizzare le reti concettuali significa maturare competenze, vale a dire non solo possedere chiavi di lettura di determinati campi, ma anche uscire dalla fissità degli schemi per declinare le conoscenze in funzione dell'approccio a nuovi campi conoscitivi.

Così ad esempio dalla rete di concetti che ci consentono di costruire l'equilibrio come conoscenza si può maturare la competenza specifica di cooperare all'interno di un gruppo di lavoro al fine di conseguire un risultato/prodotto organico in cui si riconosce l'apporto dei singoli; e ancora: dal concetto di criterio/parametro deriva la competenza di darsi dei criteri determinati nell'affrontare una ricerca, operando nell'ambito di tali criteri e, di conseguenza, con la possibilità di allargare il numero dei partecipanti, potenziando i contributi e implementando la qualità del lavoro.

Conoscenze e competenze sono tuttavia basic che richiedono un autentico cambiamento comportamentale per divenire fattori di apprendimento, crescita e sviluppo cognitivo e sociale. Così, ad esempio, sulla conoscenza "equilibrio", posta in relazione con quella di "sistema" e "risorsa" che determinano la competenza di cooperare, si innesta una specifica sensibilità del diventare disponibili al confronto con gli altri, che ha quindi origini cognitive e operative e che produce all'interno dell'individuo, crescenti capacità di controllo emotivo e, all'esterno, una positiva ricaduta in termini di rispetto dell'altro.

Considerati da questo punto di vista, i basic da dare ai bambini e ai giovani non sono più oggi, a nostro avviso, dei contenuti di base, da incrementare quali-quantitativamente, ma si pongono come gli elementi fondanti in un continuo processo di maturazione cognitiva e operativa, filtrato attraverso l'esperienza tangibile e/o di pensiero riflessivo, basato sulla costruzione permanente di conoscenze ramificate lungo reti concettuali che producono competenze sempre più alte e modificano positivamente i comportamenti relazionali.


Seminario di studio "Quali saperi per la tecnologia alla vigilia di un cambiamento epocale nel sistema scolastico e formativo"?

Lettera-invito

Come già sapete dal 1° al 5 luglio 1997 ci troveremo a Toano (R.E) per discutere, elaborare e mettere a punto, attraverso una articolata serie di gruppi di lavoro, un documento aperto di riflessione da presentare al prof. Roberto Maragliano, coordinatore dei lavori della "commissione dei sagg", a corollario dell'imponente lavoro di analisi sui saperi essenziali nel progetto di un nuovo sistema scolastico e formativo che in questi mesi si va definendo per la prima volta dalla riforma Gentile.

In particolare siamo chiamati a delineare, sulla scorta di quanto più volte accennato dal Ministro stesso nei documenti della suddetta commissione e specificatamente nella sintesi dei lavori a cura di Roberto Maragliano, se esista e quali sono i caratteri distintivi della cultura tecnologica in rapporto alle due dimensioni della manualità e della operatività e in funzione dell'estrema importanza che la tecnologia e le nuove tecnologie stanno assumendo nel progetto formativo che sta prendendo corpo.

A stimolo ed avvio delle nostre riflessioni saranno presentati due contributi: il primo realizzato dall'IRRSAE E-R e pubblicato dall'editore Calderini, presenta quel che si può definire la situazione attuale della cultura tecnologica in ambito educativo e nella società del nostro Paese; l'altro, a cura dell'IRRSAE Marche, raccoglie le riflessioni di alcuni esperti posti di fronte alla domanda: "Che cosa dovrebbe essere per voi oggi la cultura tecnologica?".

Oltre alle copie di questi volumi, vi verranno consegnati alcuni documenti di lavoro curati dai quattro IRRSAE: E-R, Marche, Friuli, Sicilia

e nei quali sono stati "distillati" i temi salienti messi a fuoco nelle citate pubblicazioni.

Verrà inoltre distribuita la lettera del ministro Berlinguer contenente le richieste espresse ai componenti la commissione dei saggi, nonché la già citata sintesi ad opera di Roberto Maragliano. Sarà anche disponibile una copia integrale di tutti i contributi specifici dei saggi, ma a questo proposito vi suggeriamo però di procurarvi voi stessi una copia per facilitare i lavori ed evitare l' impensabile alluvione di fotocopie.

Vi invitiamo inoltre a portare con voi i materiali didattici che ritenete utili e particolarmente significativi, nonché i testi che più hanno inciso sulla vostra formazione didattica e professionale.

Come abbiamo lavorato

La struttura procedurale dei lavori si è basata sulla costruzione progressiva del quadro generale di riferimento attraverso l'analisi dei materiali di ricerca pluriennale acquisiti e l'integrazione che i partecipanti hanno via via apportato in riferimento alle richieste del Ministro alla commissione dei saggi e ai conseguenti nodi problematici emersi.

Sul piano operativo i lavori hanno avuto dunque una prima fase di presentazione dei materiali acquisiti (i testi già citati di IRRSAE E-R/Calderini e IRRSAE Marche, nonché le analisi strutturali dei singoli contributi e l'analisi del contributo di Tagliagambe presente su Internet a completamento di una prima intervista fatta a questo studioso nella fase precedente di ricerca); una seconda fase di confronto serrato e allargato sui punti fondamentali enucleati che ha originato le tematiche specifiche da affidare ai gruppi; una terza fase di lavori di gruppo per sviluppare e sintetizzare le singole tematiche; una quarta fase di discussione, messa a punto, ricomposizione e stesura condivisa del documento complessivo.

In rapido dettaglio: ha aperto dunque i lavori Giancarlo Sacchi, del Direttivo dell'IRRSAE E-R, ricordando ai convenuti "le puntate precedenti" e soffermandosi sul contesto politico-istituzionale attraverso l'illustrazione del quadro generale dei saperi e dei cicli di studio previsti dalla riforma.

Sebastiano Pulvirenti, ispettore ministeriale ha poi focalizzato il tema dell'orientamento formativo nella prospettiva del riordino dei cicli scolastici. In seguito, coerentemente con la divisione dei compiti concordata con questo IRRSAE, i rappresentanti di ciascun Istituto hanno presentato i risultati del proprio lavoro, effettuato anche attraverso la consultazione dei materiali presenti su internet. In questo modo sono stati enucleati - dalle richieste del Ministro e dal lavoro di analisi dei documenti - i nodi problematici su cui confrontarsi.

Quale società esprime oggi la richiesta di riordino e riforma del sistema di educazione e formazione dei suoi cittadini?

Come deve intendersi e definirsi il concetto di sapere "colto"?

Di conseguenza. Quali sono le coordinate fondanti del sapere colto e tecnologico?

E quindi: in quale configurazione di scuola questo sapere colto tecnologico può assicurare processi reali di istruzione e formazione dei cittadini?

E allora: quali saperi, conoscenze, competenze, sensibilità, priorità mettere in opera in questo tipo di scuola e come strutturare i processi di apprendimento nell'esigenza di salvaguardare le differenze e le specificità, sviluppando al contempo percorsi unitari e "navigazioni libere" all'interno di saperi partecipati e deaccademizzati?

Questa fase di confronto aperto è stata coordinata da Maria Famiglietti, dell'IRRSAE E-R, attraverso un lavoro di stimolazione progressiva sui materiali e immediata messa a punto di blocchi organici e conclusi di idee condivise dai partecipanti.

Atti elaborati a Toano (RE) durante il corso sull'Educazione Tecnologica

1 - 5 luglio 1997

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