venerdì 25 marzo 2011

Hiroshima mon Amour

Da rivedere

"L'era dl Secondo Fuoco"

1

2

3
...

Un architetto giapponese ed un'attrice francese trascorrono assieme un'intensa notte di passione. Da quel rapporto prende il via quella che sembra destinata ad essere una storia d'amore a lieto fine. Improvvisamente, quanto inevitabilmente, iniziano ad affacciarsi gli spettri del recente passato. Spettri che investono soprattutto la fragile ragazza parigina. Tramite un innovativo e sorprendente uso dei flashback, il regista ci mostra il dolore della guerra - soprattutto di ciò che lascia in noi nel dopoguerra - visto attraverso gli occhi smarriti di una singola persona e, simultaneamente, il dolore collettivo, dignitoso al punto da commuovere, della città che ha sofferto il bombardamento atomico. Un precedente amore "impossibile", vissuto dalla protagonista, in Francia, durante la guerra, finisce tragicamente con la morte dell'innamorato (un soldato tedesco). La conseguente elaborazione del lutto, in qualche modo, fa scaturire in lei il desiderio di vivere a Hiroshima, dove si trova per girare un film e, forse, dove spera di poter diluire le sue pene tramite la condivisione del suo con il dolore collettivo della città e di un popolo intero. Ma è tutta una triste finzione: scoprirà che il proprio dolore lo si affronta sempre e soltanto da soli. Lo stesso film pacifista nel quale lei lavora (interpretando il ruolo di una crocerossina), altro non fa che acuire il suo errore, cioè l'inganno col quale essa anela di ritrovare la serenità perduta allontanandosi dalla realtà, fingendone una nuova.
Gli incubi che la perseguitano, in un'ossessionante mescolanza - volutamente non netta - tra ricordo ed immaginazione, la portano a compiere un percorso di maturazione che, a tratti, ci appare prossimo ad un compimento, ma che, invece, gira attorno al nucleo del problema, senza mai affrontarlo direttamente, esattamente come le particelle roteano, minacciose, attorno al nucleo dell'atomo prima che si inneschi la fatale reazione nucleare.
Accanto a lei, l'uomo che l'ama - e di cui anch'essa è apparentemente innamorata - simbolo sì di un Paese che ha perso la guerra, ma che sembra il vero vincitore. Il regista Alain Resnais ci dice chiaramente che perdere una guerra, così come perdere migliaia di vite umane, non equivale a perdere una singola persona amata.
Il travaglio che, via via, affligge la coppia, offre allo spettatore spunti di riflessione e di meditazione di una profondità e di una verità che, ancora oggi, riescono a stupire e far vibrare le corde più intime dell'essere umano. Essere umano che il film ci descrive come destinato alla solitudine, ma accompagnato dall'amore. In entrambi i casi suo malgrado.
Grazie ad un abilissimo montaggio, il passato di lei (la Francia) ed il presente (il Giappone) si accavallano e si rincorrono senza una vera soluzione di continuità e, soprattutto, senza una risposta definitiva, nemmeno quando il dolore collettivo della città (quindi la sua memoria) si sintetizza nel dignitoso volto dell'uomo, il quale, dinanzi alla domanda di lei, risponde dicendole che il suo nome è Hiroshima.

Nessun commento: