giovedì 20 gennaio 2011

Dalla “città estesa” alla “città compatta”. Verso la mobilità sostenibile

Mercoledì 19 Gennaio 2011
Il diverso approccio alla realtà urbana potrebbe configurarsi non solo come un nuovo mezzo di socialità ma anche come un’adeguata risposta alla congestione urbana verso una mobilità sostenibile. La “città compatta”, da tempo realtà in Nord Europa e in America, si pone come possibile soluzione all’invivibilità urbana e all’insicurezza cittadina. Ne è convinto Gabriele Tagliaventi urbanista e docente presso l’università di Ferrara, nonché tra i fondatori del “Movimento per il rinascimento urbano” e di “Eco Compact City Network”. Tagliaventi denuncia la crescita esponenziale della “città estesa” ornata sempre più da villette a schiera, centri commerciali e palazzi in cui proliferano uffici, al di fuori delle mura cittadine. L’urbanista parla di una impropria occupazione degli spazi con la conseguenza, da parte delle amministrazioni locali, di attivare servizi di trasporto pubblico su tratte più lunghe con l’aumento dei costi. “Le questioni di inquinamento e congestione generate dal trasporto si possono superare partendo da un differente sviluppo urbanistico”, ammonisce lo studioso.
Per spiegare gli effetti negativi generati dalle attuali città estese, l’urbanista riporta l’esempio di Bologna che a fronte di una diminuzione della popolazione di circa il 25% ha visto, invece, crescere del 90% la superficie urbana. L’amministrazione locale si è vista costretta, per questo motivo, ad introdurre infrastrutture e servizi di trasporto pubblico coprendo tratte più estese con l’aumento delle spese. La diminuzione della popolazione, però, ha fatto si che si riducessero anche le entrate per il Comune che ha introdotto nuove tasse per riequilibrare il deficit di bilancio. La contropartita di questo sviluppo selvaggio delle città è stato, dunque, inquinamento e servizi inefficienti.

La soluzione allo scempio urbano è lo sviluppo della città compatta che si regge su due principi, secondo l’urbanista: occupare meno territorio possibile, impiegando, invece, gli spazi vuoti all’interno delle città e “integrare le destinazioni d’uso”, come edifici, uffici, ecc. “La città compatta è un modello dove tutti vincono e nessuno perde”, rimarca Tagliaventi; per il semplice fatto che l’integrazione di strutture già esistenti permette di “recuperare il concetto di quartiere con edifici che mescolano alloggi, luoghi di lavoro e, al piano terra, negozi, servizi e luoghi di intrattenimento. Il tutto inframmezzato da piazze e aree verdi”. Così facendo l’auto sarebbe impiegata unicamente per tratte più lunghe con la riduzione delle emissioni di gas serra a tutto vantaggio di soluzioni più sostenibili, come la bici. Non solo vantaggi per l’ambiente e per l’agricoltura locale con l’incremento di alimenti a “km 0”, ma anche e soprattutto vantaggi sotto il profilo della socialità e della sicurezza. Città più popolate attraverso il sistema dell’ “integrazione delle destinazioni d’uso” con la presenza di maggiori locali pubblici e luoghi di ritrovo, accrescerebbe il sentimento di sicurezza nei cittadini.


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