venerdì 19 aprile 2013

Questione di genere


Fahrescuola: la scuola dei bambini e delle bambine. Ascolta l'Intervista La scuola italiana è in ritardo nell'affrontare la questione di genere. Non è ancora un luogo di parità. Ce ne parla Irene Biemmi, ricercatrice presso la facoltà di Scienze della Formazione di Firenze, autrice di Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari, Rosenberg &Sellier e collaboratrice della rivista La vita scolastica Giunti editore. Bambini e bambine Irene Biemmi è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell'Università di Firenze. Ha recentemente pubblicato un saggio dove si studia la storia e l’evoluzione degli sguardi femminili e maschili sulla professione insegnante. Eccovi un’intervista sul volume, sui risultati, i problemi e le scommesse che solleva. Buongiorno Irene, la sua formazione e i suoi interessi di ricerca sono da sempre orientati verso le problematiche di genere. Per quale motivo questo le sembra un ambito di ricerca importante da coltivare? E perché lo ritiene tanto decisivo nella composizione di un ragionamento sul passato e sul futuro della scuola italiana? Il rapporto tra scuola e questioni di genere è un ambito particolarmente interessante da studiare perché è segnato da profonde contraddizioni, che stimolano riflessioni e indagini. Quando si parla delle pari opportunità o della cultura di genere all’interno della scuola italiana occorre da subito constatare il ritardo che il nostro sistema d’istruzione segna rispetto all’elaborazione di questa tematica. In parte questo può derivare dal fatto che la scuola è una realtà nella quale discriminazioni e svantaggi femminili non hanno un’immediata e palese visibilità in quanto le donne, sia nel ruolo di docenti che di studentesse, sono molto presenti: la scuola, si dice ormai da qualche decennio, è “in mano alle donne”. La linearità del percorso di crescita della scolarità femminile e la facilità con cui le ragazze si sono adattate al ruolo di studentesse modello da un lato e, dall’altro, la progressiva femminilizzazione del corpo docente portano a concepire la scuola come un luogo protetto, o se vogliamo privilegiato, rispetto al problema della discriminazione sessuale. In realtà esistono ancora tutta una serie di aspetti problematici, alcuni dei quali poco visibili, che devono essere individuati e che necessitano di una formazione specifica da parte degli insegnanti e delle insegnanti per essere affrontati. Attraverso questo mio libro ho pensato di dare un contributo in tal senso, muovendomi in due direzioni: da un lato cercando di mettere in luce le questioni di genere ancora irrisolte in ambito scolastico, dall’altro esplorando il ruolo assunto dai docenti che attualmente lavorano a scuola nell’elaborazione critica di tali problematiche. Da una parte si è trattato di scavare nel passato recente della nostra scuola per andare ad individuare i fattori storico-sociali che, in un arco di tempo tutto sommato limitato (dalla seconda metà dell'Ottocento a tutto il Novecento), hanno prodotto un'esplosione inedita delle opportunità femminili in ambito educativo (al di qua e al di là della cattedra). Dall'altra parte ho cercato di scavare più in profondità il legame donne-istruzione mostrando le profonde incoerenze che fanno sì che, ad oggi, la scuola italiana non possa affatto proclamarsi un “luogo di parità”. La femminilizzazione del corpo docente dunque non corrisponde a una reale soluzione del problema della discriminazione sessuale. Ci spiegherebbe in sintesi perché? Tra i fattori che connotano l’attuale condizione della professione insegnante nel nostro Paese quello che forse spicca con più evidenza è proprio la massiccia presenza femminile. La nostra scuola è tra le più femminilizzate d'Europa, con una percentuale di donne che ha ormai superato l'80% del corpo docente (pur con differenze significative passando dalla scuola d'infanzia alla scuola secondaria). Questa schiacciante prevalenza numerica ha indotto molti a credere che a scuola non ci fossero più problemi discriminazioni di genere: la scuola, nel sentire comune, appare come uno dei pochi contesti della società italiana, notoriamente maschilista, in cui le pari opportunità tra uomini e donne vengono effettivamente esercitate. Questo malinteso nasce, in parte, dall'avere ipotizzato una correlazione positiva tra la femminilizzazione del corpo docente e l’interesse per le tematiche di genere, considerate in genere come tematiche di pertinenza femminile. Sulla scia di quanto avvenuto negli anni '70 del Novecento, si è supposto che le donne insegnanti si sarebbero fatte naturalmente promotrici di una cultura più paritaria e più attenta alle differenze di genere, portando nelle aule scolastiche le istanze emerse dal movimento neofemminista. Così non è stato. Diversi studi hanno denunciato una sorta di complicità delle donne-insegnanti nel perpetuare acriticamente una cultura sessista e conservatrice, trasmettendo alle nuove generazioni femminili una “cultura della subalternità” di cui sono state loro stesse prime vittime. Il suo libro è diviso in tre parti: la prima indaga il rapporto donne-istruzione; la seconda espone il metodo, vale a dire l’intervista biografica, che lei ha scelto per indagare lo sguardo degli insegnanti sulla loro professione. La terza parte illustra i risultati ottenuti tramite l’intervista agli insegnanti e alle insegnanti. In quale settore lo sguardo maschile e quello femminile sono più divaricati?

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