domenica 30 ottobre 2011

Sinistra, le parole per dirla


di Gigi Riva - L'Espresso, 28 ottobre 2011

Comunità. Sobrietà. Merito. Ambiente. Accesso. Quali sono oggi i vocaboli (e quindi le aspirazioni) dei progressisti? Federico Rampini (che ci ha appena scritto un libro) si confronta qui con il leader di Sel Nichi Vendola

Sobrietà. Meritocrazia. Bene comune. Comunità. Crescita (ma diversa). Cura (nel senso di avere cura). Democrazia (nel senso di salvarla dalla plutocrazia). Anche qualcosa delle teorie di Marx. Metti un politico, Nichi Vendola, e un giornalista, Federico Rampini, firma di "Repubblica", a discutere dell'ultimo libro di quest'ultimo ("Alla mia sinistra", Mondadori, 228 pagine, 18 euro, in vendita dal 2 novembre) e ne esce un glossario delle possibili parole d'ordine dalle quali far ripartire una parte politica che troppe sconfitte ha inghiottito. Vendola e Rampini, quasi coetanei, erano nella Fgci negli anni Settanta. Hanno assistito al trionfo dei valori della destra, dall'individualismo al liberismo, e ragionato sugli errori commessi negli ultimi 30 anni. Non per fustigarsi, operazione che peraltro alla sinistra riesce benissimo, ma per cercare di farne tesoro e vincere domani. Non a caso il libro è una "lettera aperta a chi vuol sognare insieme a me". E, prima delle ricette, è una cavalcata nel recente passato in cui dominano i temi economici.

L'economia, dunque, e non l'ideologia è il punto di partenza per rifondare la sinistra?
Rampini "Il padre storico della sinistra, Karl Marx, partiva da lì. Se per economia intendiamo il riflettere sulla distanza tra una minoranza di privilegiati e la maggioranza, che è aumentata a dismisura in modo patologico e mostruoso. Se intendiamo che i mali dell'economia hanno contagiato la politica fino a deformarla a causa della ricchezza che ha troppo peso, allora sì bisogna partire dall'economia".
Vendola "Un verso di Brecht diceva: "Parlate compagni dei rapporti di produzione". La sinistra negli ultimi 30 anni ha immaginato che il proprio dovere fosse abbandonare i luoghi della produzione per concentrarsi sui cittadini-consumatori. Il punto adesso non è mettere in discussione il capitalismo, che non è il maligno, ma decidere dove sta il primato: se nell'economia o nella politica, se nella volontà popolare o nelle grandi lobby finanziarie. La sinistra deve recuperare un'autonomia di sguardo sugli assetti dell'economia". 

Nel libro il consumismo non viene demonizzato solo lo si vorrebbe "collaborativo".
Rampini "Come potrei demonizzarlo? Sono figlio della società dei consumi. Ma la mia generazione ha creduto di poter mettere in secondo piano i rapporti di forza sociale sui luoghi di lavoro e pensato che il futuro fosse la sinistra dei consumatori e che la liberazione potesse avvenire attraverso il mercato e la globalizzazione. E' stato un errore drammatico. Bisogna ripartire dal consumismo collaborativo che si propone di scindere la proprietà dall'uso. Nei nostri figli, ad esempio, si fa strada l'idea che sia una follia avere un'auto, non ce la si può permettere e allora ecco il fenomeno della zipcar che non è solo una forma di autonoleggio ma proprio un modo nuovo di intendere il rapporto con le cose. Smettiamola di accumulare nelle case oggetti che non servono".

E' la china della decrescita felice teorizzata da Serge Latouche.
Vendola "La parola decrescita è giusto che accompagni una riflessione e contamini il vocabolario della politica. Ma è difficile usarla come argomento di attualità perché stiamo sbattendo contro il muro di una decrescita amara che significa politica della miseria. Io vengo da un Mezzogiorno dove la disoccupazione giovanile tocca il 30 per cento e la crescita è l'unico veicolo per centrare obiettivi come il pareggio di bilancio o il contenimento del debito. Il punto invece è: quale crescita? La sinistra non può assumere come icona della modernità uno come Marchionne che sa di naftalina e ripropone i vecchi modelli di mobilità. La crescita o è sostenibile o è distruttiva e noi dobbiamo ragionare su una parola nuova come sobrietà che non significa smettere di consumare ma farlo nel modo giusto".

Si può crescere consumando meno mondo?
Rampini "E' la domanda centrale del nostro tempo. Io ho due figli di 25 anni e non mi posso permettere di giocare col balocco intellettuale della decrescita con la quale non troveranno lavoro. Oltretutto la decrescita è spesso declinata in termini snobistici e denota un profondo egoismo generazionale e della razza bianca. Noi abbiamo avuto tutto e saccheggiato indisturbati per cinque secoli il pianeta e vorremmo ch gli altri si fermassero. Cinesi, indiani, brasiliani vorranno aumentare il loro tenore di vita e lo faranno, piaccia o no. E noi dovremo trovare il modo di crescere senza quel consumismo materialista di cui l'America è stata patria e culla".
Vendola "Faccio qualche esempio pratico. Le città non devono più crescere, sono cresciute troppo e sembrano quella rana che voleva assomigliare al bue. Ma può fermarsi l'edilizia? No. Si dovrà occupare di riqualificare, riusare, riciclare il costruito. Efficienza idrica, energetica, un pannello solare per ogni famiglia. C'è crescita dentro il recinto della sobrietà".
Rampini "Io sto a Manhattan che è un laboratorio del peggio e del meglio. Ora a Manhattan c'è un piano per impiantare un milione di alberi, si scopre che i centri storici sono meno distruttivi per l'ambiente perché permettono economie di scala ad esempio nel recupero dei rifiuti. Qui nel 2008 quando le banche licenziavano il vero ammortizzatore sociale è stata la cultura. Università, musei, teatri sono i settori che hanno retto".

Dunque da quali parole riparte la sinistra?
Vendola "Io ho fondato un partito di tre parole, Sinistra, ecologia e libertà. Mi hanno chiesto se non erano troppe, se la prima non contenesse già le altre due. Mi sembra spocchia di partito. La sinistra era arretrata sui temi dell'ambiente e quanto alla libertà aveva giustificato i Gulag o Cuba. Oltre a questo, se la destra vuole azzerare il welfare noi non lo dobbiamo difendere così com'è, ma cambiare e riqualificare. E le nostre parole devono essere comunità, bene comune, funzioni pubbliche, cura. Se il riferimento della destra è stata la famosa frase della Thatcher "la società non esiste, esistono gli individui", noi dobbiamo ribattere che gli individui senza comunità non hanno senso, sono solo ideologia nichilista e cannibalesca".

E sul dilemma Stato o mercato?
Rampini "Anzitutto lasciatemi dire che alla sinistra tocca salvare la democrazia che è in pericolo e assediata dalle plutocrazie. Ne abbiamo in Italia l'esempio più deforme e abnorme col presidente del Consiglio che è proprietario di parte del Parlamento nel senso che ne è datore di lavoro. Ma anche in America ferve il dibattito sull'eccessivo potere del denaro. La democrazia è anche insidiata dalle demagogie populiste della destra. Ma per venire a Stato e mercato. C'è un'alternativa a quel dilemma. Mi piace usare la metafora di un recente saggio "Il pinguino e il leviatano" dove il leviatano è lo statalismo imposto dall'alto, mentre il pinguino è la metafora dell'animale sociale, dell'istinto comunitario. Mentre la destra parla il linguaggio del lupo, il pinguino siamo tutti noi perché recenti ricerche di biologia genetica indicano che la selezione della specie non era la selezione dell'individuo ma dei gruppi più forti: è molto diverso perché il gruppo fa squadra e la vera natura umana è fondata sulla cooperazione".
Vendola "In Italia sta cambiando la natura dello Stato che sta abdicando alle sue funzioni essenziali e immagina possano essere assolte dal mercato come fossero merce: salute, istruzione, previdenza. Tutte cose che oggi sono dentro un cono d'ombra e rischiano di sparire. Cosa resta allora dello Stato? Una parvenza. Se tutto si delega al mercato è la democrazia che perde peso specifico".

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