lunedì 4 luglio 2011

Società della Conoscenza

Innanzi tutto: nella società della conoscenza che cosa realmente è la conoscenza? Conoscenza significa la comprensione di dati, fatti, informazioni, alla luce di criteri in grado di ordinare tali contenuti in un insieme il più possibile coerente. Se conveniamo su questa pur sommaria ma non inesatta definizione, cogliamo allora quanto sia essenziale il distinguere tra conoscenza e semplice possesso di informazioni. È questo il principale motivo per cui, non a caso, stiamo adesso giustamente parlando di ‘società della conoscenza’ e non di ‘società dell’informazione’.

Le informazioni attualmente sembrano il cibo virtuale di cui può sfamarsi a piacimento ogni individuo, il quale – trovandosi in qualsiasi pur minima o remota parte della società – sia connesso a una sorgente molteplice e ipoteticamente inesauribile di notizie, commenti e riferimenti a oggetti di numero se non infinito, certamente enorme, per il tramite dei nuovi mezzi di comunicazione sociale cosiddetti ‘di massa’.

Ma se le informazioni ci investono con la crescente energia di un’onda (significativamente si afferma che su internet si navighi; in inglese, to surf), le conoscenze di cui disponiamo rappresentano i nostri battelli, le nostre vele, i nostri remi e, in fondo, noi stessi mentre ci avventuriamo tra i flutti.

Fuor di metafora: la conoscenza è in realtà un processo intimamente relato con il soggetto conoscente, e insieme è il suo stesso risultato. È allora evidente quanto sia decisivo il ruolo della persona che conosce nella elaborazione della conoscenza medesima.

Nonostante questo, oggi pare maggiormente enfatizzata e assecondata l’esigenza di accumulare quante più informazioni possibile (non di rado erroneamente scambiate per conoscenza), nella illusoria convinzione che tale accumulo comporti una più grande capacità di comprensione del mondo, delle relazioni con gli altri, di se stessi. Oggi, di conseguenza, s’insegue il mito fallace della ‘società dell’informazione’ rinunciando a uno sforzo di autenticità e di compimento delle potenzialità umane.

La società della conoscenza, invece, definisce un orizzonte che dovrebbe spingerci in una diversa direzione. A mio avviso, essa ci propone di guardare a chi l’uomo possa essere nella sua pienezza, e nel contempo ci sprona ad affrontare, con rinnovata urgenza, la questione educativa. Poiché, se la conoscenza è un processo – e quindi un percorso – proprio dell’uomo, a tale percorso occorre essere educati. E sottolineo il termine ‘educati’, perché troppo spesso cadiamo nell’equivoco di ragionare sull’educazione, in realtà riferendoci a nulla più che a un addestramento.

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