martedì 10 novembre 2009

Il futuro prossimo della rete


Internet alla portata di tutti


Una tecnologia si afferma quando diventa “foolproof”, a prova di scemo. Internet, le tecnologie cellulari e quelle digitali si combinano per sottrarre definitivamente il mondo digitale agli addetti ai lavori e anche al monopolio della generazione “digital native”.

Come sarà Internet del futuro? Negli Stati Uniti circola una barzelletta: suonano alla porta, una signora apre e c’è un tecnico in tuta con tanto di valigetta. Sono venuto a riparare il frigorifero, dice. “Ma noi non l’abbiamo chiamata”, risponde la signora. “E infatti, replica il tecnico, è stato il frigorifero a chiamarmi.” Naturalmente, in Italia, la barzelletta è inapplicabile: nessuno aprirebbe ad uno sconosciuto che si presenta con una motivazione così labile. Eppure, il futuro è proprio lì: una SIM inserita dentro il frigo (o il forno a microonde, o l’impianto di irrigazione del giardino, o un’automobile) che è sempre in contatto con la casa madre, scarica gli aggiornamenti dei software di funzionamento, comunica dati sulla propria attività, si relaziona con altri apparati, chiama la manutenzione quando non riesce da sola a risolvere un problema. Già nel 1998 Donald Norman aveva scritto un’opera fondamentale, Il computer invisibile (tradotta nel 2000 in Italia presso Apogeo), in cui sosteneva brillantemente che un autobus, la caldaia del riscaldamento, o una macchina da stampa non sono che computer “travestiti” in modo da assumere le vecchie forme degli oggetti meccanici, ciascuno con la propria tecnologia, propri del XX secolo. Grazie alle tecnologie cellulari, gli oggetti, tutti questi computer travestiti da oggetti funzionali, possono ora connettersi ad Internet indipendentemente dall’intervento umano. Il GPS provvede, se necessario, alla loro localizzazione sul territorio (ad esempio, se è un veicolo a collegarsi) e così gli oggetti dialogano con la casa madre e fra loro.

Appena cinque anni fa, ci stupivamo quando un computer raccontava a Microsoft che cosa avevamo fatto e che problemi di funzionamento si erano incontrati. Fu scomodata allora la metafora del “grande fratello”, ma nessuno pensava che il “grande fratello” potesse assumere le sembianze dello scaldabagno. Internet + le tecnologie cellulari + quelle digitali si combinano per sottrarre definitivamente il mondo digitale agli addetti ai lavori e anche al monopolio della generazione “digital native”. Senza nulla togliere a questi imberbi smanettoni, l’uso del digitale è già diffusissimo anche tra anziani e anzianissimi (basta pensare ai cellulari), anche nella forma dell’ubiquità, della connessione permanente, della manipolazione di file multimediali, dello scambio e delle alterazioni di testi, ed infine, degli USG, i contenuti generati dagli utenti. Una tecnologia si afferma quando diventa “foolproof”, a prova di scemo, quando è accessibile anche al non addetto ai lavori. È questo il momento in cui sviluppa una capacità virale di replicarsi. Quando molte persone parlano di Internet hanno in mente una figura che, grazie al cinema, è diventato un vero archetipo, il giovane con gli occhiali seduto davanti ai suoi computer, magari un hacker che entra nei segreti del Pentagono, forse un programmatore, o un chat addicted, uno che vive chattando con i coetanei. In realtà, tipi del genere erano caratteristici degli anni Ottanta e di un pezzo degli anni Novanta, diciamo la fase aurorale di Internet. Oggi, nel Web 2.0, Internet è di tutti, compresa la signora anziana che telefona al figlio, magari da un telefono fisso, ignorando che Telecom, per risparmiare, istrada la sua chiamata su protocollo IP: insomma, fa Voip senza saperlo.

Ma noi non abbiamo alcun bisogno di sapere come sono fatte le cose che usiamo e come funzionano: basta che funzionino. Nessuno sa come funziona un termostato, un medicinale, una fotocopiatrice, ma sappiamo usarli con tranquillità. Tutti pensavano che il Web 3.0 sarebbe stato il cosiddetto web semantico: taggare in maniera appropriata i contenuti (dotarli di opportune parole chiave) consente a loro di cercarsi reciprocamente e connettersi su Internet creando conoscenza disambigua. Di trovare subito Piazza Garibaldi e non una biografia dell’eroe o l’incrociatore Garibaldi, per fare un esempio semplice. Tutto questo, sicuramente, ci sarà. Ma la nuova Internet, quella delle persone comuni e non esperte, sarà l’Internet delle cose. Cose che funzionano sempre più da sole, parlandosi fra loro, e di cui siamo un po’ meno padroni. In cambio, però, non dimenticano i turni di manutenzione o di pagare le bollette.

Enrico Menduni

Professore ordinario al DAMS dell'Università Roma Tre

settore scientifico-disciplinare Cinema, Fotografia e Televisione

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