La postmodernità ci ha abituato a considerare l’uomo contemporaneo attraverso la metafora del nomade: egli è costantemente in cammino, attraversa “flussi” di realtà, di pensiero, di situazioni che mutano facilmente; è sulla cresta dell’onda, ascolta ed è presente nel mutamento e nella trasformazione. Oggi scopriamo che il viaggio presuppone un’abitare: il proprio corpo, la propria casa, i luoghi della propria identità. L’unica certezza che il soggetto contemporaneo può ottenere e su cui può progettare è la presenza a se stesso, l’accettazione di un nomadismo che è interiore prima ancora che un modo di vivere nella società. E questo significa anche dare un nuovo rilievo alla casa e all’abitare della modernità, come contraltare della frenesia nomade della postmodernità. Quando siamo in casa pretendiamo di vivere una qualità dell’esperienza unica, che apprezziamo come tutte le cose rare.
Flussi di vita, di pensiero, di esperienza: l’incrocio del mondo della tecnologia con l’organizzazione di tutti gli ambiti di vita ha aperto nuove possibilità al soggetto-cittadino (e non più consumatore) per la gestione di occasioni molteplici all’interno di un unico spazio: questo spazio ridiventa in primo luogo la propria casa, eppure nello stesso tempo tutti i luoghi diventano casa per lui.
Eppure le cose non sono così semplici. Questa condizione ha reso necessaria una riflessione sulle capacità mentali, sulle energie emotive e sulle forme di relazione che è necessario attivare nella dimensione del neonomadismo, che può essere arricchito e attivato partendo da un luogo stabile e sicuro.
In questa prospettiva, il viaggio assume certamente un ruolo dominante nei processi di ricerca esistenziale e di crescita individuale, ma richiede una compensazione esistenziale e culturale, che possiamo definire in termini di “nuova domesticità”. Il concetto di viaggio e di neo nomadismo ha avuto un peso rilevante negli scenari di immaginario e di consumo degli ultimi anni, legandosi spesso al mondo delle nuove tecnologie, che hanno sicuramente fornito un impulso essenziale alla diffusione di informazione e di strumenti in grado di abbattere barriere fisiche e mentali.
Il viaggio è oggi più che mai al centro della struttura dell’immaginario collettivo, ma mira al conseguimento di un percorso individuale molto più intimo di un tempo, meno avventuroso in chiave classica, ma più arricchente in termini di esperienza e di crescita. Quindi più domestico, più legato all’idea di cerchio vitale. Nello stesso tempo il nomadismo diventa uno stile di pensiero, e sempre meno uno stile di vita che si porta dietro stress, brucia eccessive energie, non permette serenità.
In questa nuova direzione il viaggio diventa o molto lento, o molto veloce, e l’imprevisto viene identificato come un valore da riscoprire, un’opportunità da cogliere. La rivalutazione di mezzi lenti e meditativi come il treno, la bicicletta, o addirittura il camminare, rappresentano in questo senso esempi emblematici, che ripropongono l’idea del corpo come ambiente domestico che viaggia.
Contemporaneamente, sulla stessa onda concettuale si consolida il revival del mito dell’on the road, ripreso dall’immaginario collettivo attraverso una reinterpretazione personale sul piano attivo (vagabondaggio geo-culturale) e mentale (letteratura da viaggio). I grandi viaggiatori del passato remoto o più vicino, diventano emblemi di uno stile di vita da emulare, anche solo come predisposizione mentale da trasportare poi nella propria dimensione quotidiana: le case si arricchiscono di ricordi di viaggio e di “memorie di strada”
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